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Alica

Alica

Alica è una frazione del comune di Palaia, in provincia di Pisa.

Il suo nome sembra da riferire all’aspetto delle antiche coltivazioni di Triticum, quasi a formare un campus alicaeAlica è infatti il termine latino che dovrebbe identificare il farro medio o la spelta, coltivate sin dall’antichità e usate anche dai Romani.

STORIA

Le prime fonti sul paese risalgono al 980, quando Guido Vescovo di Lucca cedette la metà dei suoi redditi al piviere di San Genesio. Fu anche sotto il possesso della Badia di San Casciano a Carigi, con Bolla Pontificia di Lucio III.

Nel 1209 fu concessa da Ottone IV in feudo ai vescovi di Lucca, ed a loro confermata da Carlo IV.

Nel corso del Trecento vi aveva acquisito molti beni la famiglia pisana dei Gambacorti. Durante l’insurrezione di Pisa contro Firenze iniziata nel 1494, Alica fu occupata e saccheggiata dall’esercito fiorentino.

Gello

Gello

Gello è una frazione del comune di Palaia, in provincia di Pisa.

STORIA

Il toponimo deriva dal latino Agellus e il paese si presenta come un piccolo borgo medievale situato sopra una piaggia cretosa fra Palaia, Colleoli e Partino. Gello è ricordato per la prima volta nel registro delle chiese lucchesi del 1260, per la presenza di una chiesa dedicata a San Lorenzo. Nel XIII secolo il borgo apparteneva al vicariato di Montefoscoli.

Nel 1833 la frazione contava 191 abitanti.

Monumenti e luoghi d’interesse

  • Chiesa di San Lorenzo, antica chiesa parrocchiale di Gello, risalente al XIII secolo e ricordata in un documento della diocesi di Lucca del 1260. Ricade oggi nel territorio parrocchiale di San Martino a Palaia. Si presenta ancora nell’impianto romanico, in cotto, anche se continuamente modificata nel corso dei secoli. All’interno era situata una Madonna col Bambino del Maestro della Carità, poi trasferita nella chiesa di Sant’Andrea a Palaia.
Orciatico

Orciatico

Orciatico si sviluppa in Valdera ed è lambito a nord dal torrente Fosce mentre a sud dal torrente Foscecchia.

Nei dintorni del paese, presso il bosco della Mofeta dei Borboi, sono stati oggetti di studi alcuni fenomeni naturali di emissione di anidride carbonica, già documentati da Giovanni Targioni Tozzetti nel XVIII secolo e oggetto di studi da parte del CNR nel 1995.

STORIA

Il borgo nacque come castello alle dipendenze di Lajatico, sotto il quale rimase fino al XII secolo, quando ambedue i castelli furono assegnati al vescovo di Volterra Ildebrando Pannocchieschi. Nel 1434 la fortezza di Orciatico fu smantellata dai Fiorentini.

Nel 1833 la frazione contava 687 abitanti.

Prossimamente verrà realizzato sopra la frazione di Orciatico il parco eolico di Poggio alle Pancole composto da 10 pale eoliche.

La Sterza

La Sterza

La Sterza è una frazione divisa a metà tra i comuni di Lajatico e Terricciola.

STORIA

La storia del territorio di La Sterza è legata a quella dello scomparso borgo di Pava. Ricordato in due documenti redatti a Volterra il 1º agosto 1109 e il 21 giugno 1112. Il borgo altomedievale passò ai Pannocchieschi nel 1186.

Qui era situata la pieve di San Giovanni, che all’epoca contava sotto la propria giurisdizione cinque chiese parrocchiali. La chiesa sarà poi nota semplicemente come Pieve a Pitti dal nome della famiglia fiorentina che fu proprietaria della tenuta. Ciò che resta di questo borgo è un antico casale oggi sede di un’azienda agricola e di un agriturismo, mentre il moderno paese si è sviluppato a partire dal XIX secolo alle pendici della collina, presso il ponte sul torrente Sterza e presso le principali vie di comunicazione dell’entroterra pisano, già in antichità punto strategico in quanto qui sia lo Sterza che l’Era erano facilmente guadabili. La Sterza si presenta come un moderno borgo agricolo, in cui sono situate principalmente attività artigianali e commerciali del comune di Lajatico.

Villa di Spedaletto

Villa di Spedaletto

La villa di Spedaletto (Lajatico) fu una delle ville di Lorenzo il Magnifico, che la fece riedificare e vi soggiornò spesso. Sebbene ceduta subito dopo la sua morte, fa parte delle cosiddette ville medicee.

Spedaletto deve il suo nome a uno “spedale” dei cavalieri ospitalieri di Altopascio situato nelle vicinanze della Via Francigena. Questo “spedale dei Santi ippolito e Cassiano” fu concesso in enfiteusi a Lorenzo il Magnifico nel 1486.

La zona per i Medici era strategica, in quanto Volterra, con le sue preziosissime cave, era stata conquistata nel 1472. Nelle vicinanze sono presenti le sorgenti termali di Bagno a Morba, che la madre di Lorenzo aveva preso in affitto. Il ramo principale della famiglia Medici infatti soffriva di malattie legate alla gotta e Lorenzo stesso soleva curarsi. Numerosi furono i soggiorni di Lorenzo fino a un anno prima della sua morte, nel 1492.

La fattoria di Spedaletto comprendeva una ventina di poderi e fu riorganizzata da Lorenzo immediatamente dopo l’acquisto. Per quanto riguarda l’edificio principale, la trasformazione in “casa da signore” avvenne tra il 1487 e il 1491.

STORIA

Il progetto pare che sia legato a Simone del Pollaiolo detto il Cronaca, che soggiornò a Spedaletto nel 1490. Ma se la villa aveva una struttura semplice e funzionale, la magnificenza era data dall’impianto delle decorazioni pittoriche con gli artisti fiorentini di maggior spicco impegnati nella realizzazione di affreschi, che purtroppo oggi sono totalmente perduti. Alla loggia grande e al salone, secondo Giorgio Vasari, avevano lavorato infatti Domenico Ghirlandaio (Storie di Vulcano), Filippino Lippi, Pietro Perugino e Sandro Botticelli. L’unica descrizione più dettagliata pervenutaci su questo ciclo pittorico riguarda le opere di Ghirlandaio, che il Vasari descrive come popolate di “molti ignudi, fabbricando con le martellate saette a Giove”.

Dopo la morte di Lorenzo nel 1492 la villa fu venduta da suo figlio Piero il Fatuo a Franceschetto Cybo nel 1494. Poi seguì le sorti della famiglia fino al 1606, quando Alberico I Cybo-Malaspina la vendette al senatore Bartolomeo Corsini. I Corsini, il cui stemma spicca dipinto sulla facciata, sono gli attuali proprietari.

Sfortunatamente nel XVII secolo gli affreschi furono danneggiati da un incendio. Oggi ne restano scarse tracce.

Santo Pietro Belvedere

Santo Pietro Belvedere

STORIA

L’epoca precisa di fondazione di Santo Pietro Belvedere non è chiara, ma la si può collocare intorno al II secolo d.C.. La prima testimonianza effettiva dell’esistenza del borgo si ha però molti secoli dopo, nel 1165.

Il paese era noto perché vi si trovava un castello, con una triplice cinta muraria ed un’imponente torre. La sua posizione elevata rispetto alla campagna circostante faceva del castello un ottimo punto di osservazione. Nel 1510 tutto il territorio pisano passa sotto il controllo di Firenze e della famiglia dei Medici. A parte un’epidemia di peste nel 1631, non si hanno notizie di eventi di rilievo avvenuti a Santo Pietro fino alla conquista napoleonica (1796). È in questo periodo che il borgo passa sotto la municipalità di Capannoli.

Nel 1861, Santo Pietro entra a far parte del Regno d’Italia, che andava formandosi. Nel 1870, dopo la presa di Roma, anche il borgo entra a far parte dell’Italia unita. Si hanno notizie di caduti di Santo Pietro in entrambi i conflitti mondiali. Inoltre il territorio della Valdera fu teatro di bombardamenti e di combattimenti fra tedeschi ed americani durante la seconda guerra. Durante questi bombardamenti, fu distrutto l’oratorio della Compagnia del Santissimo Sacramento, che  non fu più ricostruito. Tra le colline circostanti, si possono notare i rifugi che gli abitanti utilizzavano per ripararsi durante i bombardamenti: molti di questi rifugi sono stati successivamente utilizzati come cantine.

Il toponimo Belvedere fu aggiunto al nome del paese in epoca fascista, il 18 ottobre 1929 perché il governo aveva deciso di denominare “Santo Pietro” l’ufficio postale di Mussolinia di Sicilia(Catania), e il nome del borgo toscano andava cambiato per evitare equivoci.

Santo Pietro Belvedere

Villa Masi

Villa Masi

Attualmente proprietà privata, la villa Masi si trova lungo la strada che da Capannoli porta a Santo Pietro Belvedere.

STORIA

La villa risulta registrata nell’Estimo di Capannoli del 1580 come proprietà della nobile famiglia fiorentina Berzighell’, e costituisce l’edificio più rilevante di un insediamento sviluppatosi tra i secoli XVI e XVII nelle immediate adiacenze dell’antico castello. La villa possiede annessa la cappella dell’Annunziat’, realizzata su disegno dell’architetto Felice Palma.

All’inizio del 1600 da fattoria viene trasformata in villa. L’aspetto attuale è il frutto di una ristrutturazione ordinata nel 1771 da Francesco Del Rosso all’architetto pisano Niccolò Stassi. Ad egli si deve l’esaltazione della parte centrale del prospetto principale, rimarcato dall’andamento verticale delle lesene e dal fastigio con l’orologio che ricorda la facciata interna della Certosa di Calci. Da segnalare la cappella che nello schema a simmetria centrale ricorda tipologie architettoniche rinascimentali. L’altare, come ricorda anche Filippo Baldinucci, ospita un bassorilievo realizzato dal celebre scultore Desiderio da Settignano, raffigurante la Beata Vergine con nostro Signore e l’arcangelo Gabriele.

Da notare inoltre il sarcofago romano sotto il porticato del cortile e il bassorilievo in marmo sul fronte della cappella. Nell’interno sono presenti statue di terracotta attribuite al Cieco di Gambassi ed una copia della statua greca detta dell’Arrotino.

Riserva naturale Monte Serra di Sotto

Riserva naturale Monte Serra di Sotto

DESCRIZIONE

LA Riserva naturale Monte Serra di Sotto, si estende per 400 ettari sul versante sud-orientale dei Monti Pisani e a nord-ovest del centro abitato di Buti. Comprende il versante orientale del Monte Cimone e quello occidentale del Monte Passatoio.

La presenza di una vasta area boschiva ha consentito lo sviluppo di alcune specie di funghi quali il Calocybe leucocephala o la Russula chloroides.

Le estese pinete di pino marittimo e boschi di sclerofille sempreverdi e le conifere costituiscono il paesaggio dell’area. Da ricordare è inoltre la presenza della Listera ovata, della Anacamptis laxiflora e, tra le piante crittogame, della Spagnum; tra le piante vascolari, di grande interesse sono le Drosere, tra cui la Rhynchospora alba.
Dal punto di vista faunistico è qui presente una diversificata gamma di specie: la lucertola muraiola, la natrice dal collare, il colubro d’Esculapio, il biacco, le salamandre. Tra i mammiferi si contano il quercino e il moscardino, ma anche l’istrice, l’arvicola ed il pipistrello nano. Infine l’avifauna annovera tra le specie della zona il gheppio, il passero solitario e la tottavilla.

Stazione Relitta di Pino Laricio

Stazione Relitta di Pino Laricio

DESCRIZIONE

L’Area protetta della Stazione Relitta di Pino Laricio, istituita dall’autorità comunale di Buti nel 1997. Dal 1999 nell’elenco delle Aree Protette Regionali. Si estende per 124 ettari alle pendici orientali del Monte Pisano, delimitata a nord dal Monte Cucco. L’A.N.P.I.L. è stata istituita appositamente a tutela del biotipo di stazione relitta del Pino laricio. Una sottospecie del Pinus nigra che nell’area del Mediterraneo è presente solo in alcune zone.

Gli esemplari di pino laricio crescono attorniati da una vegetazione costituita prevalentemente da alberi di pino marittimo, dal castagno, dalla quercia, dall’alloro, dall’acacia e dal sorbo e tutta l’area riveste particolare importanza dal punto di vista botanico e naturalistico.

Nell’area esiste un’antica cava di ardesia un tempo utilizzata per le coperture dei tetti, un bosco di pregio naturalistico e aree umide dove quasi certamente nidifica il merlo acquaiolo; è inoltre ipotizzata la presenza di varie specie di anfibi quali la salamandra pezzata. Quest’ultima rappresenta un interessante campione della fauna erpetologica.

Castel di Nocco

Castel di Nocco

DESCRIZIONE

Il castello prende il suo nome da Nocco Bonfigli, che nel secolo XIV si distinse nella difesa del piccolo borgo. Sostituì le due rocche che nel Medioevo controllavano la strada che collegava Buti a Vicopisano. Castel di Nocco faceva infatti parte di un più ampio sistema difensivo del territorio. Era allineato a levante col castello di Sant’Agata, a ponente con la fortificazione situata alle pendici del Monte Roccali. Di tale fortificazione si vedono oggi solo resti costituiti da cumuli di pietre squadrate. Il paese ha mantenuto le caratteristiche di borgo medievale, ma delle mura di cinta rimangono solo i sottostanti terrapieni in pietra.

Tra le rovine della sua chiesa medievale, intitolata a San Michele Arcangelo, fu rinvenuta nel secolo XIX una lapide con la scritta Ara Cerasi, che fece supporre la presenza in antico di un tempio di Cerere, dea romana delle messi. Dell’antico edificio religioso sono ancora visibili i muri perimetrali in pietra che racchiudono gli altari laterali in pietra serena e la zona del presbiterio.